Onde elettromagnetiche dei cellulari e cancro: quali rischi? Proviamo a rispondere
Una nuova analisi che scagiona i cellulari riaccende il dibattito sugli effetti delle onde elettromagnetiche dei telefonini sulla nostra salute. Ma esiste realmente una correlazione tra utilizzo dei cellulari e rischio di sviluppo di alcune forme di cancro? Vediamo cosa i dicono i dati a disposizione, che nel loro insieme descrivono un quadro rassicurante.
- Con il contributo esperto di
- Daniele Caldara
In questo articolo
- Cosa dice il nuovo studio dell’OMS
- Perché lo IARC ha parlato di "possibile cancerogenicità"
- Come stanno le cose? Il quadro è rassicurante
- Perché oggi corriamo ancora meno rischi
- Quali sono i limiti esistenti sulle emissioni dei cellulari
- Il 5G è pericoloso? Evitiamo gli allarmismi
- Prevenzione: basta usare i telefonini correttamente
Una revisione di tutti gli studi sul legame tra cellulari e cancro commissionata dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e di recente pubblicazione, ha riacceso il dibattito sugli effetti delle onde elettromagnetiche dei telefonini sulla nostra salute.
L’analisi ha passato in rassegna tutte le prove ad oggi esistenti sulla relazione tra l’uso dei telefonini e lo sviluppo di tumori a cervello e testa - compresi quelli dell’orecchio interno e delle ghiandole salivari - decretando che non emerge alcun collegamento. Una conclusione che di fatto sembra voler dare un colpo di spugna definitivo ai dubbi sulla sicurezza delle onde dei telefonini emersi fin dall’arrivo dei cellulari nelle nostre vite, rafforzati più di 10 anni fa dalla decisione dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC, che fa capo all’OMS) di classificare le onde emesse dai cellulari come possibile cancerogene per l’uomo.
Davvero non ci sono rischi per la salute?
La verità è che ci sono sempre stati dei dubbi sulla solidità delle prove su cui si è basata la precedente decisione della IARC e che, a distanza di molti anni dall'invasione dei cellulari nelle nostre vite, diventati ormai un oggetto pervasivo, non sono emersi rischi concreti dagli studi epidemiologici fino ad oggi condotti. In sostanza, il quadro che emerge da tutti gli studi disponibili, seppur complesso e a tratti apparentemente contradditorio, è tendenzialmente rassicurante. Proviamo a spiegare perché.
Torna all'inizioCosa dice il nuovo studio dell’OMS
Lo studio da poco pubblicato sulla rivista scientifica Environment International è una revisione sistematica degli studi osservazionali pubblicati negli ultimi 30 anni circa, sulla correlazione tra l’uso del cellulare e lo sviluppo di tumori del cervello, del nervo acustico e delle ghiandole salivari, cioè le aree che le onde dei cellulari investirebbero durante l’uso del telefonino. Non si tratta di studi nuovi, quindi, ma di una valutazione di insieme di tutti i dati pubblicati, che riesce a meglio sintetizzare le prove ad oggi disponibili sull’associazione tra onde dei telefonini e tumori del sistema nervoso.
Nel loro insieme, le prove scagionano i cellulari: non emerge infatti un maggior rischio tra chi li usa rispetto a chi non li usa (un comportamento più frequente negli studi più vecchi, condotti negli anni novanta) e tra chi li usa molto o da più tempo e chi li usa meno o da meno tempo. Non solo: anche l’esposizione ai campi emessi dalle antenne radio dei cellulari non è risultata associata a maggiori rischi di tumori cerebrali pediatrici o di leucemia nei bimbi (due tra i maggiori timori nella popolazione).
Di fatto, questi risultato non sono nulla di nuovo: seppure si tratti della più ampia rassegna di studi ad oggi condotta, a cui va il merito di aver messo un punto (forse definitivo) sulla questione, la letteratura presa in considerazione era già ben nota da tempo e più revisioni di studi condotte negli anni passati avevano già ridimensionato l’allarme suscitato (a torto) dalla classificazione dello IARC.
È altrettanto vero però che molti degli studi inclusi nell’analisi sono stati valutati anche dallo IARC quando ormai più di 10 anni fa decise comunque di classificare le onde elettromagnetiche emesse dei cellulari come cancerogeni di classe 2B: come si spiega questa contraddizione?
Torna all'inizioPerché lo IARC ha parlato di "possibile cancerogenicità"
Alcuni studi, negli anni, hanno suggerito che esistesse una correlazione tra l’uso del cellulare e un maggior rischio di sviluppare alcune forme di tumore al cervello. È sulla base di questi studi che l’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha deciso nel 2011 di classificare le onde elettromagnetiche emesse dai cellulari come possibili cancerogeni, inserendoli nella classe 2B.
Secondo l’ente, infatti, esistevano prove che un'esposizione prolungata nel tempo, quotidiana e intensa, potesse arrivare a raddoppiare il rischio di sviluppare un tumore del cervello (il glioma, tumore maligno) o del nervo acustico (neurinoma acustico, per fortuna benigno). Lo stesso IARC, però, spiegava come le prove a sostegno della sua classificazione avessero dei limiti importanti, tanto da non poter escludere che l’associazione positiva tra uso del cellulare e il cancro fosse in buona parte influenzate da errori metodologici, fattori confondenti o addirittura frutto del caso.
Per questo, la IARC ha inserito le onde dei cellulari al livello più basso della sua classificazione delle sostanze cancerogene per l’uomo (2B, “possibile cancerogeno”), che ricordiamo non va mai letta come un come una valutazione del potere cancerogeno delle onde o del rischio che corriamo, ma come un giudizio della bontà (o della limitatezza) e quindi dell’affidabilità delle prove scientifiche, epidemiologiche e sperimentali a disposizione. E in questo caso, la classificazione riflette proprio i dubbi che lo IARC già aveva sulla cancerogenicità delle onde, in quanto il livello 2B ci indica che seppur non si potessero escludere effetti cancerogeni, le prove a disposizioni sono al di là dell’essere conclusive.
Come stanno le cose? Il quadro è rassicurante
L’ultima analisi commissionata dall’OMS sembra quasi mettere la parola fine ad una questione annosa e ricca di contraddizioni.
A far sorgere il dubbio sul legame tra cellulari e cancro erano stati infatti alcuni studi che avevano dimostrato un aumento del rischio di tumori cerebrali e del nervo acustico nelle persone con un uso elevato del cellulare, dopo 10-15 anni di uso. Se questo rischio fosse stato concreto, gli studi epidemiologici che valutano l’insorgenza di tumori e malattie nel tempo avrebbero rilevato qualche tipo di segnale: di fatto, però, non si è verificato alcun aumento significativo dei tumori al crescere della penetrazione (e quindi dell’esposizione) della popolazione ai cellulari.
Inoltre la maggioranza degli studi di laboratorio, su linee cellulari e su animali, non supporta la cancerogenicità delle onde emesse dai telefonini. Anche gli studi del National Toxicology Program e dello studio Ramazzini non hanno realmente evidenziato un pericolo. Ne abbiamo parlato ampiamente nello speciale sui possibili rischi sulla salute del 5G, entrando proprio nel merito dei risultati.
Certo, esiste comunque una possibilità che gli studi non siano ancora in grado di rivelare rischi molto piccoli o rischi che si evidenziano solo dopo molto tempo. Nel caso di alcun sostanze cancerogene possono passare decine di anni tra l’esposizione alla sostanza e il manifestarsi di un tumore e alcuni tumori, come quelli cerebrali hanno lunghi periodi di latenza (anche fino a 30 anni). I telefonini sono però tra noi in modo così pervasivo da ormai più di 20 anni e ad oggi non sono emersi rischi significativi.
Perché oggi corriamo ancora meno rischi
Molti dei dati scientifici a disposizione sono relativi all'utilizzo intensivo di dispositivi di telefonia mobile di generazioni tecnologiche ormai superate, così come di utilizzi del cellulare ormai desueti. I telefonini tra gli anni 90 e i 2000 appartenevano all'era dell'1G e 2G ed emettevano onde molto più potenti di quelle attuali. A parità di utilizzo, l'esposizione a onde dovuta a dispositivi mobili moderni è sicuramente inferiore oggi rispetto ad allora. Questo è dovuto anche alla diffusione delle antenne che, garantendo una maggior copertura del segnale, riduce la potenza di emissione richiesta ai telefoni, che a loro volta emettono meno radiazioni per connettersi.
Lo scenario di esposizione cambia anche in funzione dell'uso del cellulare: oggi passiamo molte più ore usando il cellulare, è vero, ma tenendolo tra le mani e non appoggiandolo all'orecchio. I dispositivi attuali vengono utilizzati prevalentemente per digitare messaggi di testo, per navigare in rete o giocare, mentre le telefonate vengono spesso sostituite dai messaggi vocali e il telefono viene più spesso accostato alla bocca. Consideriamo, infine, anche l'utilizzo dell'auricolare è molto più diffuso rispetto al passato, cosa che riduce ancora di più le emissioni che arrivano alla testa.
Torna all'inizioQuali sono i limiti esistenti sulle emissioni dei cellulari
Tutti i cellulari emettono radiazioni elettromagnetiche (nelle radiofrequenze 800-2600 MHz). La quantità di radiazioni assorbite dal corpo è misurata in Sar (Specific Absorption Rate) espresso in W/Kg (watt per chilo). Questa unità di grandezza misura la quantità di radiazioni assorbite e le traduce nel rischio di effetto termico al quale il corpo è esposto. Per garantire la sicurezza degli utenti l’Unione Europea ha fissato a 2 W/kg il limite massimo consentito per le emissioni dei cellulari per evitare qualsiasi effetto termico a livello del cranio. Si tratta infatti di un limite giustamente precauzionale, perché è posto 10 volte più basso del livello riconosciuto come critico, cioè in grado di dare un rialzo termico dannoso.
Per assicurarsi di rispettare la norma, tutti i produttori testano i propri apparecchi prima di metterli sul mercato. Lo fanno ipotizzando lo scenario peggiore, quando i telefonini funzionano alla massima potenza ed emettono più onde, situazione che però si verifica di rado nell’uso quotidiano. Questo dato, dunque, non è un buon indicatore per scegliere di acquistare un telefonino anziché un altro. Per avere un’idea più chiara dell’esposizione a cui ci si sottopone usando quotidianamente il cellulare, bisogna valutare gli apparecchi nelle medesime condizioni, simulando il loro comportamento in una situazione reale d’uso. Solo in questo modo è possibile confrontare tra di loro i diversi modelli di telefonino, paragonando le rispettive emissioni di onde. E scegliere quello che ne produce di meno. Nei nostri test, infatti, abbiamo fatto entrambe le prove. I risultati sono rassicuranti: nessun cellulare, tra quelli testati, si avvicina ai limiti imposti dalla legge.
Torna all'inizioIl 5G è pericoloso? Evitiamo gli allarmismi
Nonostante un certo terrorismo diffuso soprattutto in rete, anche sul 5G bisogna evitare gli allarmismi. Anche se non sono disponibili dati specifici sugli effetti delle frequenze millimetriche, non bisogna farsi prendere dal panico riguardo quanto si dice sui potenziali pericoli: ne abbiamo parlato in questo speciale sui possibili rischi del 5G sulla salute. Insomma tutti questi fattori come le nuove modalità di utilizzo, l'intensità dell'esposizione e le frequenze utilizzate hanno cambiato radicalmente lo scenario: non consentono, perciò, di generalizzare i risultati degli studi condotti finora. Torna all'inizioPrevenzione: basta usare i telefonini correttamente
Per evitare al massimo l’esposizione è sufficiente adottare alcuni semplici accorgimenti. Bastano davvero pochi centimetri perché il livello di esposizione della testa si riduca drasticamente. Ecco cosa si può fare:
- Usa l’auricolare: è sufficiente allontanare il cellulare dalla testa soltanto di qualche centimetro perché il livello di esposizione scenda drasticamente.
- Fai telefonate brevi, soprattutto quando la linea è disturbata e il telefono è costretto a lavorare a piena potenza, con maggiore emissione di radiazioni.
- Evita di telefonare quando la copertura del segnale è scarsa, per esempio in ascensore o nel treno.
- Tieni il cellulare lontano dalla testa durante la composizione del numero (momento in cui funziona alla massima potenza).